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Qualche considerazione sul contratto di noleggio e la sospensione delle attività di cantiere

Pensiamo al nolo (detto anche noleggio), cioè al contratto con cui il noleggiatore mette a disposizione e conferisce il godimento di un bene mobile al noleggiante il quale se ne serve per un periodo determinato e verso il pagamento di un corrispettivo. 

Parliamo, nello specifico, di noleggio a freddo di macchinari o attrezzature di cantiere molto frequente nella pratica quotidiana (es. escavatore, elevatore, piattaforme aeree, gru, ecc.).

Il codice civile non detta la disciplina del noleggio. Per essa occorre rimandare alle norme della locazione di bene mobile tenendo presente, tuttavia, che qui si tratta – più precisamente – di locazione operativa di beni mobili strumentali per cui la causa del contratto non è tanto la loro disponibilità quanto il loro uso per le finalità di cantiere. 

La decretazione d’urgenza più recente ha sospeso, tra le altre, le attività delle imprese edili a meno che non rientrino tra quelle essenziali ovvero si qualifichino come funzionali ad assicurare la continuità delle filiere indicate nella tabella allegata al DPCM 22 marzo 2020. 

Che ne è, quindi, dei canoni di noleggio dei macchinari e delle attrezzature per il periodo di sospensione delle dette attività? 

La modulistica contrattuale prevede l’indicazione dell’uso e della destinazione dei macchinari oggetto di nolo.  Difficilmente però al noleggiatore è dato sapere se, all’attualità, l’attività di quel determinato cantiere sia sospesa oppure rientri tra quelle che rimarranno operative per tutta la durata dell’emergenza. Con la conseguenza che non è in grado di sapere se il bene noleggiato si trovi giacente ed inutilizzato in un cantiere ormai chiuso oppure sia impiegato operativamente per una delle attività essenziali o facente parte della filiera di quelle essenziali. 

Le norme che disciplinano l’impossibilità sopravvenuta [anche temporanea] del noleggiante di utilizzare il bene a nolo, potrebbero condurre ad affermare che l’obbligazione di corrispondere il canone rimanga sospesa fino alla fine dell’emergenza. Ciò vale, specialmente, per l’attrezzatura ed i macchinari rimasti depositati all’interno di un cantiere chiuso ed inaccessibile al noleggiante come può accadere per una gru non facilmente trasferibile in tempi brevi in altro luogo.

A rilevare qui è l’impossibilità sopravvenuta di farne l’uso convenuto.

Orbene, affinchè la sopravvenuta impossibilità di utilizzare il bene invocata dal noleggiante possa essere valutata dal noleggiatore ai fini della sospensione del pagamento del canone, essa dovrà essergli immediatamente formalizzata. A margine di tale comunicazione dovrà – se mai – essere valutata anche l’eventualità (e la materiale possibilità) di una restituzione del macchinario al noleggiatore medesimo (come potrebbe accadere per una piattaforma aerea trasferibile con un certo agio da un luogo ad un altro). 

Per cui nulla quaestio se il noleggiante, rispettoso dell’obbligo di diligenza e buona fede nell’esecuzione del contratto, comunica ufficialmente al noleggiatore tale problematica, rappresentandogli chiaramente le circostanze per le quali il bene è inutilizzabile ed inutilizzato per causa a lui non imputabile: quest’ultimo potrà ritenere di sospendere la fatturazione del canone con buona pace degli interessi del primo. Del resto il non uso del bene ne scongiurerà il consumo. 

Come dovrà comportarsi, invece, il noleggiatore nel caso in cui non gli pervenisse alcuna comunicazione da parte del noleggiante circa l’eventuale sopravvenuta impossibilità di fare uso dei macchinari/attrezzature a nolo?

La prudenza suggerirebbe al noleggiatore di informarsi presso il noleggiante della sospensione o meno delle attività di cantiere.

Diversamente, nel silenzio del suo interlocutore contrattuale, il noleggiatore dovrà presumere operativo il noleggio e quindi dovrà continuare a  fatturare la sua prestazione secondo le scadenze previste nel contratto.

La violazione del generale principio di buona fede contrattuale (ricomprendente l’obbligo informativo e di comunicazione tra le parti di circostanze rilevanti nella esecuzione del contratto) cui la giurisprudenza ha riconosciuto il ruolo di vero e proprio dovere giuridico, può comportare inadempimento del noleggiante e quindi responsabilità per i danni che conseguono al noleggiatore. 

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Covid-19: il diritto di visita ai figli

La pandemia in atto ha costretto, giocoforza, molti genitori separati o divorziati a rivedere le condizioni relative al diritto di visita ai figli: è infatti innegabile che quanto convenuto per gestire ben altre situazioni ed esigenze, possa ora non solo essere inadeguato, ma rivelarsi addirittura pericoloso.

IL DIRITTO DI VISITA AI FIGLI DA PARTE DEL GENITORE SEPARATO/DIVORZIATO NON COLLOCATARIO IN TEMPO DI PANDEMIA DA COVID-19

Il problema che per primo si è posto è quello relativo all’esercizio del diritto di visita da parte del genitore non collocatario.

La decretazione d’urgenza e gli interventi chiarificatori del Governo sull’argomento, sono sempre stati rassicuranti: le limitazioni alla libertà di circolazione anche tra un Comune e l’altro possono essere legittimamente derogate dal genitore non collocatario per l’esercizio del suo diritto di visita ai figli. Diritto che, ove richiesto, deve essere adeguatamente comprovato esibendo la sentenza di separazione o divorzio, il verbale di omologa della separazione o il verbale dell’udienza presidenziale e l’autocertificazione.

Astrattamente, quindi, l’esercizio del diritto di visita è salvo.

In concreto, tuttavia, l’esercizio di tale diritto può essere tutelato se non si pone in contrasto con le normative vigenti a tutela della salute e quelle finalizzate al contenimento dei contagi da Covid-19.

Dopo i primi provvedimenti in cui si riconosceva tutela al diritto del genitore non collocatario di poter continuare a vedere e stare con i figli (es. ordinanza del Tribunale di Milano dell’11/03/2020), alcuni Tribunali, investiti della questione, hanno corretto il tiro fissando rigidi paletti all’esercizio del diritto di visita.

Sotto questo profilo è interessante la recente ordinanza del 26 marzo 2020 del Tribunale di Bari che ha accolto l’istanza di una madre che chiedeva la sospensione del diritto di visita del padre il quale risiedeva in un altro Comune.

Le motivazioni che fondano la decisione del Tribunale si rinvengono nelle limitazioni alla libertà di circolazione per motivi di sanità (art. 16 Cost.) e nel diritto alla salute individuale e collettivo (art. 32 Cost).

Nel caso di specie il Tribunale ha anzitutto ritenuto che lo spostamento del genitore e del figlio da un Comune all’altro non sarebbe avvenuto nel rispetto delle condizioni di prudenza e sicurezza stabilite dai DPCM del 09/03/2020, dell’11/03/2020, del 21/03/2020 e del 22/03/2020.

Pertanto, stante le ragioni sanitarie sottese alle limitazioni alla libertà di circolazione delle persone imposte dai citati DD.PP.CC.MM, il Tribunale ha disposto il temporaneo sacrificio del diritto di visita del padre e del figlio.

Altra ragione a fondamento della sospensione del diritto di visita sta nell’esigenza di garantire la tutela del diritto alla salute che per il Tribunale di Bari significa non solo tutela della salute del minore, ma anche delle persone che con lui convivono. Il diritto alla salute risponde infatti sia ad interesse individuale che della collettività, come precisa l’art. 32 Cost. 

Nel caso di specie, il Tribunale ha così disposto la sospensione del diritto di visita tra padre e figlio poiché non ha potuto escludere che il minore, durante la permanenza con il padre, fosse esposto ad un rischio sanitario con il conseguente pericolo certamente di ammalarsi ma anche di contagiare le persone che convivevano con lui. 

Per quanto, ai genitori separati o divorziati tra cui sorgano contestazioni circa l’esercizio del diritto di visita ai figli da parte del genitore non collocatario in questo particolare contesto emergenziale, si suggerisce di accertare se la frequentazione dei figli possa avvenire in sicurezza o meno.

Nella prima ipotesi, non vi sarebbero ragioni per impedire al genitore non collocatario di continuare a vedere e stare con i figli: è il caso, ad esempio, del genitore che sia a casa dal lavoro e che non tenga condotte rischiose.

Nella seconda ipotesi, invece, l’esercizio del diritto di visita è destinato a soccombere temporaneamente. Si pensi, ad esempio, al caso del genitore che svolga un’attività lavorativa a rischio contagio, ovvero al caso del genitore che coltivi frequentazioni a rischio o ancora al genitore che non si curi di rispettare le regole di prevenzione.

Il diritto di visita, tuttavia, anche nel caso in cui il suo esercizio sia destinato ad essere fortemente compresso, non necessariamente deve rimanere lettera morta.Come disposto dal Tribunale di Bari, potrà essere esercitato, ove possibile, in modo alternativo. Ad esempio attraverso lo strumento della videochiamata: il genitore non collocatario ed il figlio potranno così vedersi e parlarsi attraverso l’uso di strumenti telematici per tutto il tempo di quella che avrebbe dovuto essere la “visita” tradizionale.