Consigli Legali

La pena pecuniaria in caso di violazioni al regolamento condominiale

Angela Poggi

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Abstract

La riforma del condominio ha notevolmente innalzato la misura delle sanzioni pecuniarie che possono essere comminate dall’assemblea al condomino che contravviene ad una disposizione del regolamento condominiale. Diventa perciò assai importante stabilire come stendere il regolamento affinché la pena possa dissuadere dalla sua violazione.


La sentenza del Tribunale di Trani n. 942/2020 pronunciata in data 15/06/2020 offre l’occasione per fare il punto sulle pene private in materia di condominio dopo la riforma introdotta dalla L. 220/2012.
Questo contributo non mira tanto a ripercorrere il casus decisus quanto a trarre da esso e dalla giurisprudenza che sul tema ha preceduto la decisione in esame, dei principi che guidino l’estensore del regolamento condominiale affinchè esso metta nelle mani dell’amministratore uno strumento davvero utile ed efficace.
Altro tema interessante, infatti, è se la pervicace violazione delle norme condominiali tipica di alcune nostre realtà e sinonimo di noncuranza diffusa verso i vicini, possano o meno essere evitati o, quanto meno, contenuti sotto la minaccia di una sanzione pecuniaria e se vessare il portafoglio del condomino impenitente abbia efficacia dissuasiva superiore al rischio che il conflitto trasli dalla relazione alla procedura applicativa della sanzione.
Certamente, si può dire senza timore di essere smentiti, stendere il regolamento con cognizione di causa può aiutare a perseguire l’obiettivo del contenimento del contenzioso condominiale.

La norma

L’art. 70 disp. att. al cc stabilisce che “Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad € 200 e, in caso di recidiva, fino ad € 800. La somma è devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie. L’irrogazione della sanzione è deliberata dall’assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell’articolo 1136 del codice [ndr: maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio: 500 millesimi].”
Orbene.
Dal dato testuale discende, immediatamente ed in sintesi, che il regolamento di condominio che detta la regola cui i condomini devono uniformarsi, può prevedere una sanzione pecuniaria in caso di sua infrazione in misura non superiore all’importo massimo indicato nell’articolo in parola. Compito dell’assemblea è (solo) deliberarne l’irrogazione con le maggioranze specificate nella norma cui rimanda.
Sulla natura di questa sanzione si può anticipare che essa rientra nel novero delle pene private che sono sanzioni punitive aventi origine da un atto negoziale, inflitte da un soggetto privato dotato di potestà punitiva e che trovano applicazione in relazione ad una vicenda privata.
Essa ha natura eccezionale e vedremo in seguito quali sono le conseguenze che ciò comporta.
Ciò premesso, vediamo a quali condizioni può essere legittimamente inflitta la pena privata condominiale.

-I-

Regolamento condominiale

L’art. 70 delle disp. att. al cc parla di regolamento di condominio senza precisare quale ne debba essere la natura.
Dalla espressione letterale s’intende che la sanzione pecuniaria in parola può essere prevista come conseguenza della violazione tanto di una norma contrattuale quanto regolamentare con la conseguenza che la sanzione può essere stabilita non solo all’unanimità ma anche a maggioranza.
Tale riflessione sarebbe, del resto, in linea con la circostanza che l’art. 70 non è compreso tra le norme definite inderogabili dall’art. 72 disp. att. cc con il che la sanzione pecuniaria prevista da una norma regolamentare potrà essere modificata e perfino eliminata da una delibera a maggioranza.
Il principio è chiaramente enunciato da Cass. 9877/2012 di cui di seguito si riporta un importante passo: “Le clausole dei regolamenti condominiali predisposti dall’originario proprietario dell’edificio condominiale ed allegati ai contratti di acquisto delle singole unità immobiliari, nonché quelle dei regolamenti condominiali formati con il consenso unanime di tutti i condomini, hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni ovvero attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto agli altri, mentre, qualora si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare; ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall’unanimità dei condomini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata con la maggioranza prescritta dall’art. 1136 cc comma 2
In sintesi: l’assemblea ha il potere di prevedere sanzioni per le infrazioni al regolamento di condominio e decidere le questioni connesse con la maggioranza e non con l’unanimità, salvo che si determini una limitazione di diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni o si attribuisca ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto ad altri.
Superato questo scoglio, vediamo quali sono i limiti dell’assemblea con riguardo al contenuto della pena conseguente l’infrazione della norma regolamentare.

-II-

Obbligatorietà del regolamento limitata ai condomini

Scopo del regolamento è quello di disciplinare la gestione delle parti comuni condominiali e di dettare i criteri per il riparto tra i condomini delle relative spese.
E’ il prodotto della autonomia contrattuale dei partecipanti al condominio e quindi può vincolare solo i condomini.
Ne consegue che la sanzione che, come anzidetto, è pena privata di applicazione restrittiva e quindi limitata a chi sia tenuto all’osservanza del regolamento, può essere inflitta solo al condomino.
Il conduttore avente causa da un condomino, gode dei beni comuni in forza di un rapporto obbligatorio ma non fa parte dell’organizzazione condominiale. Sarà, perciò il proprietario a dover rispondere verso gli altri condomini della condotta del suo inquilino.
Invero, il proprietario non solo può rendere il proprio inquilino edotto delle norme del regolamento dello stabile, ma può anche verificare in ogni momento se lo stesso le rispetta e può contestargli l’inadempimento contrattuale e, se grave, intimargli la risoluzione del contratto. Non ultimo, può rivalersi sull’inquilino delle sanzioni che gli fossero eventualmente inflitte dall’assemblea per violazioni di disposizioni regolamentari a lui imputabili.
A fortiori se l’infrazione sia commessa dal convivente, dal comodatario ovvero dall’ospite.
Al contrario, invece, ove si parli di nudo proprietario ed usufruttuario o altro titolare di diritto reale minore. In questo caso, a rispondere della violazione è chi beneficia dei frutti dell’immobile e ne sopporta le spese.

III –

Predeterminazione della sanzione in relazione alla violazione di determinate disposizioni del regolamento

Il regolamento deve specificare quali condotte sono vietate.
Stante il carattere eccezionale della pena privata, non è consentito applicare analogicamente le norme sanzionatorie a fattispecie simili o comunque riconducibili a quelle espressamente previste e disciplinate.
Inoltre, il regolamento deve espressamente prevedere per il caso di violazione di questa o di quella disposizione la sanzione pecuniaria e determinarne la misura.
L’assemblea non ha al riguardo alcuna discrezionalità dovendosi limitare la delibera ad irrogare o meno la sanzione in relazione alla infrazione contestata e laddove questa si reputi rientrare tra le condotte vietate dal regolamento.
Il principio cui deve ispirarsi è quello secondo cui non può esservi un reato e quindi una pena se non in forza di una legge preesistente che proibisca e punisca quel comportamento con quella pena (principio di legalità penale).
Ne consegue che una delibera assembleare che irroghi una sanzione pecuniaria a fronte di un comportamento non espressamente vietato dal regolamento ovvero a fronte di un comportamento espressamente vietato ma alla cui infrazione non è ricollegata la sanzione pecuniaria, è radicalmente nulla.


-IV-

Pecuniarietà della sanzione, misura e recidiva

Poiché trattasi di pena privata e poiché al privato è dato il diritto di autotutela solo in casi eccezionali, deve escludersi il diritto di infliggere al condomino pene diverse da quella pecuniaria, siccome espressamente prevista dalla norma delle disposizioni di attuazione che qui si commenta.
Ne consegue non solo che la disposizione del regolamento che eventualmente preveda una sanzione diversa da quella pecuniaria è nulla ma anche che l’irrogazione di essa da parte dell’assemblea può integrare [in capo all’amministratore, senz’altro, ma forse anche in capo ai condomini che votano a favore della delibera] gli estremi del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Quindi, solo pena pecuniaria che può arrivare (inderogabilmente) fino ad un massimo di € 200 ovvero di € 800 per il (solo) caso di recidiva.
Non specificando di che tipo di recidiva deve trattarsi, si può ritenere valida la disposizione del regolamento che preveda l’applicazione del massimo sia in caso di recidiva specifica (più violazioni della stessa disposizione) sia in caso di recidiva generica (più violazioni di disposizioni diverse). Così, sarà sanzionata da nullità quella delibera che preveda la moltiplicazione della sanzione prevista per il numero delle violazioni laddove il risultato ottenuto superi l’importo massimo di € 800.
E’ auspicabile che il regolamento precisi analiticamente cosa l’assemblea possa deliberare nelle diverse ipotesi di recidiva sopra previste.
Il quesito è se l’assemblea possa con propria delibera modificare la misura della sanzione prevista nel regolamento. Nei limiti di quanto già precisato al punto -I- e per come meglio si dirà al punto -V-, ritengo di dover rispondere affermativamente purchè, però, non si eccedano i limiti massimi previsti dalla norma che si commenta da ritenersi, questi sì, inderogabili.
Ove, infatti, l’assemblea deliberasse l’irrogazione di una sanzione superiore alla misura massima consentita, la delibera sarebbe nulla e non potrà ritenersi automaticamente sostituita con altra che rispetti il limite.
Per chiudere sul punto sembra indispensabile chiedersi se le sanzioni pecuniarie contenute nei regolamenti condominiali pre-riforma debbano ritenersi automaticamente aggiornati quanto alla misura ai limiti di cui al citato art. 70. La tesi prevalente è in senso affermativo ove la norma del regolamento richiami espressamente e rimandi all’art. 70. Diversamente, l’amministratore farebbe bene ad attivare l’assemblea perché, a maggioranza o all’unanimità a seconda dei casi, aggiorni il dettato regolamentare.


-V-

Derogabilità dei limiti di cui all’art. 70 disp. att. cc

Per tutto quanto anzidetto, si reputa, diversamente da quanto da altri sostenuto, che i limiti alla potestà sanzionatoria del regolamento qui evidenziati (natura pecuniaria delle sanzioni e limiti nella sua misura massima) non siano superabili nemmeno con il consenso unanime dell’assemblea. E’ pur vero che si giocherebbe sul principio della libera contrattazione ex art. 1322 cc ma è anche vero che l’ordinamento non può permettere al privato di abusare del potere di infliggere sanzioni (cfr. Cass. Civ., Sez. Seconda, n. 820/2014)
Quanto, invece, alla disposizione che prevede che i proventi delle sanzioni siano imputati al pagamento delle spese ordinarie, il dubbio che l’assemblea possa, all’unanimità, stabilire l’imputazione alla realizzazione di lavori straordinari, appare francamente legittimo.
Per sviscerare meglio l’argomento potrebbe essere utile chiedersi quale sia stata la ratio del legislatore nel prevedere questa limitazione. La risposta potrebbe essere che il legislatore così disponendo abbia voluto assicurarsi che tutti i condomini beneficiassero dei proventi delle sanzioni pecuniarie in proporzione alla partecipazione di ciascuno alla spesa collettiva. Lo stesso potrebbe non accadere nel caso in cui si desse corso alla realizzazione di opere di manutenzione straordinaria riguardanti solo una parte dei condomini oppure ripartiti tra loro secondo criteri non corrispondenti alla loro partecipazione millesimale all’unità.
Quindi: se l’assemblea dovesse disporre un’imputazione diversa dei proventi pur sempre garantendo a tutti il beneficio che ne deriva, non vedo particolari ragioni per vietarlo limitando l’autonomia contrattuale dei condomini.


-VI-

Il ruolo dell’assemblea e dell’amministratore

Si è detto che all’assemblea spetta irrogare la sanzione con le maggioranze di cui all’art. 1136 cc.
La delibera con cui la sanzione viene irrogata presuppone, però, che vi sia stata una contestazione (in forma di diffida) della infrazione al condomino responsabile, che della infrazione e della contestazione vi sia prova documentale, che essa sia riconducibile alla violazione di una disposizione del regolamento e che questa disposizione ne determini o ne consenta di determinare la misura ed il termine ultimo per il pagamento.
All’amministratore spetta l’ingrato compito di mettere l’assemblea nella condizione di deliberare e quindi di istruire, molto scrupolosamente, un vero e proprio procedimento privato.
Non solo.
Dovrà convocare l’assemblea con opportuno ordine del giorno sul punto.
Una volta deliberata la sanzione, l’amministratore cui compete riscuotere il dovuto, dovrà inserire idonea voce nel rendiconto consuntivo avendo cura di addebitarla al condomino sanzionato e di accreditarla a tutti gli altri condomini in proporzione alla loro partecipazione millesimale al condominio.
Meglio sarebbe quindi che il regolamento non lasci nulla al caso e disciplini nei tempi e nei modi anche la procedura di contestazione fino alla delibera di irrogazione della sanzione, che stabilisca come documentare la prova della infrazione e della responsabilità nonchè gli effetti della delibera assembleare di irrogazione anche sul rendiconto.
Al condomino, invero, è riconosciuto il diritto di impugnare la delibera entro trenta giorni dalla sua approvazione ovvero dalla conoscenza che questi ne abbia avuta.
Il mancato pagamento nel termine della sanzione irrogata, consentirà – d’altra parte – all’amministratore di adire l’Autorità Giudiziaria per procurarsi un titolo contro il condomino inadempiente.
Ove vi fosse un credito certo, liquido, esigibile e fondato su prova scritta, l’amministratore ben potrebbe promuovere l’azione monitoria ed ottenere la condanna del debitore al pagamento. Il decreto ingiuntivo emesso sulla scorta di una voce a debito inserita in un rendiconto ed un piano di riparto approvati potrà poi beneficiare della clausola di provvisoria esecutività.

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