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Contratto di fideiussione conforme alle norme bancarie uniformi: è davvero tutto nullo?

Abstract: Sta tenendo banco, in questo periodo, una questione giuridica che ha, per il vero, origini risalenti ma che ancora oggi rischia di avere molte e travolgenti conseguenze con riguardo alle fideiussioni rilasciate in favore degli istituti di credito. Capiamo perché.

Le norme bancarie uniformi ABI 2003 e il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005

Le norme bancarie uniformi (NBU) erano degli schemi contrattuali predisposti dall’ABI (associazione di imprese che raggruppa la quasi totalità delle banche operanti sul
territorio nazionale per la tutela degli interessi dei propri membri) e da questa divulgati e caldamente raccomandati ai propri aderenti con il fine di uniformare le condizioni praticate dalle banche per le operazioni ed i contratti conclusi con la propria clientela.
La Banca d’Italia ha ritenuto che una siffatta condotta violasse l’art. 2, comma 2, della legge n. 287/1990 in quanto integrante la fattispecie dell’intesa tra imprese avente per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante.
Alla declaratoria di illiceità per violazione della normativa antitrust è conseguita quella di nullità di tutta una serie di norme inserite dalle Banche – su indicazione dell’ABI – nelle condizioni generali dei contratti fatti sottoscrivere ai propri clienti.

Le condizioni generali uniformi applicate ai contratti di fideiussione

L’illiceità ha colpito anche diverse clausole disciplinanti i contratti di fideiussione (condizioni generali uniformi relative alle fideiussioni a garanzia delle operazioni bancarie; condizioni generali uniformi relative alle fideiussioni a garanzia di apertura di credito per importo
determinato; condizioni generali uniformi relative alle fideiussioni a garanzia di operazioni varie comportanti rischi).
La problematica è stata trattata per lo più con riguardo alla censura dello schema contrattuale della fideiussione omnibus che consiste nella prestazione della garanzia da parte del fideiussore a beneficio di qualunque obbligazione, presente e futura, del debitore di una banca.
Il provvedimento della Banca d’Italia censura però anche altri schemi contrattuali attinenti il rilascio della garanzia fideiussoria.
La giurisprudenza, sul punto, ha avuto modo di fare due importanti precisazioni:
la Banca d’Italia, nel censurare l’intesa ABI, ha fatto riferimento alle condizioni generali di contratto da applicare alla fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie in generale;
nulla vieta che un giudice, reputando uno schema ABI illegittimo per violazione dell’art. 2 Legge 287/1990, possa disattenderlo anche se detto schema non riguardi un rapporto di fideiussione omnibus.

Illiceità e nullità delle singole clausole: il problema della estensione della nullità all’intero contratto

Posto che deve ritenersi pacifica la nullità di quelle clausole che, in quanto conformi alle norme bancarie, violano l’art. 2 della Legge 287/1990, vi è da chiedersi come impatti la loro nullità sulla validità ed efficacia delle altre clausole contenute nel contratto di fideiussione.

Due sono gli scenari che possono prospettarsi:
– la nullità di una o più clausole provoca la nullità dell’intero contratto. Il contratto, quindi, in assenza delle clausole dichiarate nulle, non può sopravvivere;
– la nullità rimane confinata alle sole clausole nulle cosicché, per il resto, il contatto resiste e continua a vincolare le parti.

L’art. 1419 c.c. dispone che la nullità parziale di un contratto o di singole clausole importa la nullità dell’intero contratto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è stata colpita dalla nullità.
L’estensione della nullità all’intero contratto a fronte di una nullità parziale o di singole clausole ha carattere eccezionale perché deroga al principio generale della conservazione del contratto.
Per quanto, la nullità di una clausola si potrà estendere all’intero contratto solo in presenza di una eccezione della parte che vi abbia interesse (senza quella clausola non avrebbe stipulato il contratto) oppure in presenza della nullità di una clausola attinente ad un elemento essenziale del negozio o ad una pattuizione legata alle altre da un rapporto di interdipendenza e inscindibilità.
Venendo al caso delle fideiussioni rilasciate in favore delle Banche, la giurisprudenza ha già avuto modo di esprimersi in punto estensione o meno della nullità all’intero contratto di fideiussione nel caso in cui questo contenga clausole conformi a quelle ABI e quindi nulle per violazione dell’art. 2 Legge 287/1990.
Ad avviso della Suprema Corte (Cass. Civ., Sez. I, sentenza n. 24044/2019) “avendo l’Autorità amministrativa circoscritto l’accertamento della illiceità per violazione dell’art. 2 della legge 287/1990 ad alcune specifiche clausole delle norme bancarie uniformi (NBU) trasfuse nelle dichiarazioni unilaterali predisposte dalla banca e rese in attuazione di intese illecite ai sensi dell’art. 2 della l. 10/10/1990, n. 287, ciò non esclude, né è incompatibile con il fatto che in concreto la nullità del contratto a valle debba valutarsi dal giudice alla stregua degli artt. 1418 e ss. cod. civ. e che possa trovare applicazione l’art. 1419 cod. civ. laddove l’assetto degli interessi in gioco non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale, limitata alle clausole rinvenienti dalle intese illecite”.

La presenza, quindi, nel contratto di fideiussione di clausole nulle perché inserite dalla banca in violazione dell’art. 2 della legge 287/1990 non importa per ciò solo la nullità dell’intero contratto se le altre clausole non colpite dalla illiceità consentono ugualmente di soddisfare e dar corso alla regolamentazione del rapporto contrattuale sottoscritto dalle parti.

In difetto, quindi, di una intesa tra le parti circa l’estensione della nullità che ha colpito il contratto, sarà il giudice a stabilire se nel caso concreto il contratto dovrà intendersi travolto interamente dalla nullità (con l’effetto, quindi, di liberare i fideiussori da ogni obbligo verso la banca) oppure questa potrà intendersi contenuta alle sole clausole illecite per violazione dell’art. 2 legge 287/1990 (con l’effetto, quindi, di mantenere l’obbligazione di garanzia in capo ai fideiussori ad eccezione solo dei casi previsti dalle norme nulle).

Quali previsioni possono farsi?

Ogni decisione giurisprudenziale dovrà essere evidentemente considerata un caso a sé perché si basa su una valutazione strettamente legata alla fattispecie sottoposta all’esame del giudice che inevitabilmente tiene conto anche del comportamento posto in essere dalle parti.
Interessanti, al riguardo, sono le osservazioni svolte dal Tribunale di Matera con la sentenza del 06/07/2020 che ha deciso una causa originata da una opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento promossa dai fideiussori e dai debitori principali. Controparte era ovviamente un istituto di credito che aveva chiesto e ottenuto il decreto ingiuntivo contro il cliente/debitore principale ed i fideiussori di quest’ultimo.
L’impugnazione del provvedimento monitorio si fondava, tra l’altro, sulla violazione dell’art. 2 legge 287/1990 rinvenibile nel contratto di fideiussione.
Tre le clausole oggetto di censura: la clausola cosiddetta di sopravvivenza in forza della quale è prevista l’operatività della garanzia fideiussoria anche per il caso in cui l’istituto di credito fosse costretto a restituire delle somme a seguito dell’annullamento, revoca o inefficacia di pagamenti estintivi; la clausola cosiddetta di reviviscenza in forza della quale la garanzia fideiussoria opera anche nel caso in cui l’obbligazione principale fosse dichiarata invalida e la clausola di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c.
Il giudice ha ritenuto che la nullità delle clausole di sopravvivenza e di reviviscenza dovesse nel caso di specie essere estesa all’intero contratto di fideiussione perché, in difetto di quelle clausole, l’istituto di credito mai avrebbe erogato il prestito al debitore principale.
La banca, invero, non si era limitata a chiedere una garanzia fideiussoria a tutela del proprio credito, ma aveva inteso rafforzare a tal punto la garanzia da determinare nel giudice la convinzione che quelle clausole avessero avuto funzione rilevante e fondamentale ai fini della concessione del prestito.
Conseguenza di ciò è che del debito è stato ritenuto responsabile il solo debitore principale con integrale liberazione dei fideiussori.
La banca, cioè, non solo non potrà reclamare alcun pagamento dai fideiussori nel caso in cui si verificasse una delle ipotesi previste dalle clausole di sopravvivenza e di reviviscenza, ma la nullità estesa all’intero contratto ha fatto venir meno ab origine l’obbligazione di garanzia.