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Consigli Legali

Vendita di macchinari, pagamento a rate e tutela del venditore se il prezzo non viene saldato.

Abstract
In un momento di difficoltà ed incertezza economica e finanziaria quale quello attuale, la riserva di proprietà rappresenta un buon compromesso tutelante sia per il venditore sia per l’acquirente nella compravendita di macchinari costosi con pagamento del prezzo dilazionato nel tempo.

Premessa e individuazione della criticità
Ci sono aziende che costruiscono e vendono macchinari anche molto costosi.

Gli acquirenti di questi macchinari non sempre dispongono della liquidità necessaria per pagare l’intero prezzo al momento della consegna. Quindi, in genere, versano un acconto in sede di conferma di ordine e il saldo lo pagano a rate a partire dalla consegna della macchina. L’intero prezzo, se tutto va bene, viene così corrisposto dopo un anno (a volte anche di più) dalla consegna.

Con una vendita pura e semplice l’acquirente diventa a tutti gli effetti proprietario della macchina pur avendo corrisposto solo una parte del prezzo; il venditore, quindi, si spoglia della proprietà pur avendo ricevuto solo un acconto e diventa, di fatto, anche il finanziatore dell’acquirente.

Se l’acquirente non dovesse saldare il prezzo, il venditore perderebbe il macchinario (divenuto di proprietà dell’acquirente) e i soldi.

Che fare, dunque?

Pretendere che l’acquirente paghi tutto e subito sarebbe irrealistico: potrebbe non disporre della liquidità necessaria o non trovare un finanziatore.
I costi e le tempistiche di un finanziamento potrebbero, inoltre, pregiudicare la compravendita e spingere l’acquirente a desistere dall’acquisto oppure a rivolgersi ad un venditore concorrente disponibile a rateizzargli il prezzo.

Il contratto di vendita con riserva di proprietà’ o con patto di riservato dominio: inquadramento
La soluzione sta nel posticipare il momento in cui avviene il passaggio di proprietà del macchinario e ciò è possibile ricorrendo al contratto di vendita con riserva di proprietà o patto di riservato dominio.

Si tratta a tutti gli effetti di un contratto di vendita in forza del quale, però, il venditore rimane proprietario del bene sino al momento del pagamento dell’ultima rata da parte dell’acquirente (art. 1523 c.c.).

La materiale disponibilità del bene (il possesso) passa invece in capo all’acquirente sin dal momento della consegna.

L’utilità del contratto di vendita con riserva di proprietà
Questo tipo di contratto è particolarmente utile quando le parti sottoscrivono un contratto di compravendita e l’acquirente provvede al pagamento del prezzo al venditore in via dilazionata.

Il venditore, infatti, in questo modo, conservando la proprietà ha il diritto di riprendersi il bene se il prezzo non viene integralmente pagato.
Questa tutela si apprezza soprattutto nei casi in cui l’inadempimento dell’acquirente si manifesti poco dopo la consegna: il macchinario è ancora pressoché nuovo e quindi, se recuperato, ricollocabile altrove.

Il compratore, dal canto suo, in questo modo pur non disponendo nell’immediato della liquidità per acquistare il macchinario, ne diventa possessore e lo può utilizzare per la sua attività.

Patto di riservato dominio e forma scritta.
La clausola che prevede la riserva di proprietà deve essere sottoscritta contestualmente al contratto di vendita e ciò per evitare che venditore ed acquirente vi possano ricorrere a posteriori in frode dei creditori del compratore.
Il patto di riservato dominio potrà essere efficace anche se sottoscritto in un momento successivo alla conclusione del contratto di vendita ma solo a condizione che si provi che quella era la volontà originaria delle parti.

Diritti e doveri dell’acquirente e tutele del venditore
L’acquirente, avendone la materiale disponibilità, può utilizzare da subito il bene oggetto della vendita.
Con la consegna, si trasferiscono in capo a lui tutti i rischi connessi alla perdita e al deterioramento del bene, ancorché non ne sia ancora proprietario. Pertanto per l’eventuale perimento del bene, è responsabile l’acquirente che dovrà pagarne in ogni caso l’intero prezzo.

L’acquirente, non essendone proprietario, non potrà invece disporre del bene vendendolo a terzi e se lo facesse sarebbe perseguibile per il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’articolo 646 c.p.

Il venditore, per porsi al riparo dal rischio di atti dispositivi dell’acquirente, ai sensi dell’art. 1524 c.c. può trascrivere il patto di riservato dominio in un apposito registro tenuto nella cancelleria del tribunale nella giurisdizione del quale è collocata la macchina. Se, in caso di acquisto da parte di un terzo, la macchina si trovasse ancora nel luogo dove la trascrizione è stata eseguita, il patto sarebbe opponibile anche al terzo acquirente in buona fede.
In ogni caso il patto di riservato dominio è sempre opponibile al terzo in mala fede.

Inoltre il venditore, in quanto proprietario, può invocare l’applicazione di misure cautelari nei confronti del compratore che mette a rischio la restituzione del bene o la sua integrità.

Risoluzione e mancato pagamento del prezzo
La risoluzione del contratto, a meno che non sia consensuale, può avere luogo per il mancato pagamento di più rate o anche di una sola rata solo se questa rappresenti più dell’ottava parte del prezzo pattuito (art. 1525 c.c.).

Questa disposizione è inderogabile a sfavore dell’acquirente. Anche le clausole che pattuiscono la decadenza del compratore dal beneficio del termine delle rate successive sono nulle, sempre che la rata impagata non superi l’ottava parte del prezzo.

Di fatto, però, anche un inadempimento superiore al limite di 1/8 del prezzo o il mancato pagamento di più rate non comporta automaticamente il diritto in capo al venditore ad ottenere la risoluzione del contratto, atteso che è prima necessario valutare la situazione complessiva, come la possibile insolvenza del debitore, la diminuzione o la perdita delle garanzie, etc.

Va poi considerato che la risoluzione dà diritto al venditore a reclamare:
i) l’eventuale risarcimento del danno rappresentato da un irregolare uso del bene o da una alterazione della sua funzionalità e
ii) un equo compenso, cioè un corrispettivo per l’uso fatto dall’acquirente.

Qui occorre fare una riflessione: poiché il venditore rientra nel possesso della macchina, l’equo compenso potrebbe risultare inferiore all’ammontare delle rate pagate dall’acquirente e ciò obbligherebbe il venditore a restituire parte di quanto percepito.
Il venditore, quindi, dovrà attentamente valutare non solo se sussistono i presupposti per domandare la risoluzione del contratto ma anche la convenienza della risoluzione.
Se le rate pagate dall’acquirente sono poche, la risoluzione potrebbe sicuramente giovare (anche perché si recupererebbe un macchinario ancora utilmente collocabile sul mercato) e il rischio di restituzione sarebbe contenuto se non addirittura assorbito dall’equo compenso.
Viceversa, maggiore prudenza andrà adottata nel caso in cui l’inadempimento del compratore si manifesti a metà o addirittura verso la fine della dilazione.
Il venditore, per porsi al riparo dall’obbligo di restituzione di parte del prezzo, potrebbe essere indotto a prevedere nel contratto il diritto a trattenere a titolo di indennità le rate già pagate. Siffatta clausola, tuttavia, non è in assoluto tutelante: il giudice eventualmente adito dall’acquirente potrebbe infatti disporre la riduzione dell’indennità pattuita sino a farla divenire un equo compenso (art. 1526 c.c.).

La domanda di risoluzione, quindi, andrà ben ponderata a prescindere da ciò che hanno pattuito le parti nel contratto.

Fallimento o pignoramento dell’acquirente.
Il patto di riservato dominio si rivela una idonea tutela per il caso di fallimento o di pignoramento mobiliare subito dall’acquirente. Siffatto patto, infatti, impedisce che il bene entri a far parte del patrimonio dell’acquirente e che, pertanto, venga aggredito per il soddisfacimento di altri crediti.

Per poter opporre il patto di riservato dominio ai creditori dell’acquirente e proteggere quindi il bene dal rischio di essere pignorato da costoro oppure opporlo al fallimento dell’acquirente, l’atto che contiene la riserva di proprietà deve avere data certa anteriore al pignoramento (art. 1524 codice civile) e alla dichiarazione di fallimento o apertura di altra procedura concorsuale.

La prova della data certa anteriore può essere data dallo scambio tramite PEC del contratto sottoscritto o dalle fatture aventi data certa (es. fatture elettroniche) e registrate nelle scritture contabili.

In conclusione
Vero è che il patto di riservato dominio richiede una maggiore attenzione in fase di stesura e formalizzazione del contratto al fine soprattutto della data certa e ben può essere che incontri il dissenso del potenziale acquirente il quale vorrà divenire proprietario del bene subito (salvo pagare il prezzo in via dilazionata), tuttavia, soprattutto in un momento di difficoltà ed incertezza economica e finanziaria quale quello attuale, la riserva di proprietà potrebbe rappresentare un buon compromesso tutelante sia per il venditore sia per l’acquirente.